Che male può fare un pensiero? A volte molto. Soprattutto se originato da preconcetti infondati, come gli stereotipi di genere: barriere più o meno silenziose che hanno effetti sul singolo individuo e sulla società. Logiche dispari e dannose, che impediscono la piena realizzazione personale, sottraggono risorse alla collettività e, spesso, generano inettitudine relazionale e violenza. Gli stereotipi di genere sono una realtà che ci riguarda da vicino ma che, con impegno e azioni congiunte, può essere superata.
Cosa sono gli stereotipi di genere e come si formano
Gli stereotipi di genere sono delle convinzioni, diffuse in un determinato gruppo sociale, secondo cui dal genere di una persona dipendono determinati ruoli, attitudini, capacità. Sono stereotipi di genere affermazioni come “le donne sono più brave nelle pulizie degli uomini” o “gli uomini sono più portati per gestire le responsabilità”, ma anche “le bambine devono vestirsi di rosa e desiderare di diventare ballerine” e simili.
Si tratta di pregiudizi basati su luoghi comuni molto difficili da eliminare perché radicati nella cultura e nelle tradizioni di un’intera società, che plasmano il modo in cui le persone pensano e agiscono: fungono cioè da guida – spesso inconsapevole, ma non per questo meno nociva – per azioni e comportamenti.
Gli stereotipi di genere sono trasmessi, involontariamente e non, fin da piccoli attraverso l’educazione a casa, la scuola, i canali di informazione. Ma anche tramite gesti e reazioni che possono apparire innocui come regalare bambole alle bambine e non ai bambini, o stupirsi quando una bambina dichiara di voler fare l’ingegnere da grande. Tutte queste azioni sono frutto di aspettative rigide sul ruolo dei maschi e delle femmine e condizionano il modo in cui i più giovani si formano e sviluppano a loro volta il proprio set di valori. In pratica, possiamo dire che gli stereotipi e ciò che ne deriva sono allo stesso tempo la causa e il risultato della loro continua proliferazione.
Gli stereotipi di genere più diffusi
Ma quali sono gli stereotipi di genere più comuni in Italia? A rispondere ci pensa l’ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) che nel luglio 2025 ha pubblicato i primi risultati dell’indagine “Stereotipi di genere e immagine sociale della violenza” relativi al periodo 2018-2023. Per quanto in diminuzione (soprattutto tra le donne), nel nostro Paese perdurano ancora cliché come: “gli uomini sono meno adatti delle donne a occuparsi delle faccende domestiche”; “una donna per essere completa deve avere dei figli”; “per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro”; “è compito delle madri seguire i figli e occuparsi delle loro esigenze quotidiane”; “è soprattutto l'uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia”. Ma questo genere di stereotipo rischia di alimentare disuguaglianza sociale e discriminazione nei confronti di chi non è conforme, sfociando - nei casi peggiori - in omofobia e violenza di genere.
Genere e sesso non sono la stessa cosa
Prima di proseguire è importante fare una distinzione: genere e sesso non sono la stessa cosa. Il sesso riguarda le caratteristiche anatomiche e fisiologiche alla nascita, tra cui ad esempio i genitali. Il genere, invece, è la percezione che ciascuno ha di sé ma anche il ruolo che la società attribuisce a quel genere, ovvero l’insieme di costruzioni sociali e culturali legate ai concetti di maschile e femminile. Non è detto che sesso assegnato alla nascita e idenità di genere coincidano e ci può essere chi è nato con caratteristiche biologiche maschili ma si sente donna.


Le conseguenze sulla società
Una società permeata di stereotipi di genere tende ad essere iniqua e a sottrarre opportunità ai singoli e alla collettività. Favorire gli uomini invece che le donne all’interno dei contesti lavorativi solo per una questione di genere, ad esempio, impedisce la crescita individuale ma priva anche la società di potenziali visioni, talenti e contributi diversificati e qualificati. Oltre a minare l’autostima personale e a limitare o persino censurare forme di espressione o partecipazione diverse da quelle considerate “normali”, gli stereotipi di genere creano disuguaglianze controproducenti per tutti. Inoltre, incoraggiano meccanismi di chiusura e diffidenza e sono spesso alla base di fenomeni come la cosiddetta mascolinità tossica e la violenza contro le donne.

Dalla discriminazione alla violenza di genere
I pregiudizi infatti possono essere terreno fertile per abusi e comportamenti aggressivi, che non sempre le vittime riescono a riconoscere come tali proprio perché, a loro volta, condizionate da preconcetti difficili da eradicare. È sempre l’ISTAT a darci uno spaccato della situazione in Italia in questo senso: un uomo su cinque ritiene che le donne possano provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire, e le donne che la pensano allo stesso modo sono poco meno. Una differenza che si pareggia se si introducono determinate circostanze: secondo le stime, circa l’11% delle donne e degli uomini crede che se una donna viene stuprata quando è ubriaca o sotto l’effetto di droghe sia in parte responsabile.
E ancora: il 4,3% delle persone trova accettabile che “in una coppia ci scappi uno schiaffo ogni tanto”. Più del doppio poi non considera così strano il fatto che “un uomo controlli abitualmente il cellulare o l’attività sui social network della propria moglie/compagna”.
Estirpare gli stereotipi di genere che nutrono questi e altri tipi di atteggiamenti violenti e la loro giustificazione non è un’impresa semplice, ma qualcosa è possibile e doveroso farlo.
Come superare gli stereotipi di genere
Rifondare un sistema così consolidato di convinzioni e azioni è un’operazione che richiede tempo e sforzi congiunti su vari piani e livelli. A partire dalla scuola, dove è necessario adottare un linguaggio inclusivo e promuovere politiche e attività che incentivano la parità tra gli alunni.
Altrettanto importante è insegnare a bambini e ragazzi a esprimere e gestire liberamente le proprie emozioni e a lavorare sull’empatia, per sviluppare un’affettività consapevole e sana. Per questo Unicoop Etruria ha aderito alla campagna di Coop Italia “Dire, fare, amare” per rendere obbligatoria l’educazione alle relazioni nelle scuole. Un’iniziativa che, secondo l’indagine condotta da Coop insieme a Nomisma, vede d’accordo più del 90% dei genitori.


Le altre iniziative di Unicoop Etruria per contrastare stereotipi e violenza
Se la scuola è il primo passo, non può essere però l’unico. Così, lo scorso settembre la Cooperativa ha avviato la collaborazione con la Fondazione Giulia Cecchettin, fondata da Gino Cecchettin a seguito dell’omicidio della figlia Giulia per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta. Il protocollo d’intesa siglato dalle due realtà punta a promuovere la cultura del rispetto come forma di prevenzione contro la violenza di genere, attraverso progetti di formazione e sensibilizzazione dedicati ai dipendenti Coop e ai consumatori. Il percorso ha lo scopo di stimolare una maggiore consapevolezza individuale e collettiva, mappare eventuali criticità e trasmettere metodi efficaci per superarle valorizzando la parità dei rapporti.
Una collaborazione rafforzata anche dalla vendita, all’interno dei principali supermercati, della borsa in tela “Woman bag 2025” realizzata per Coop in edizione limitata a sostegno della Fondazione Giulia Cecchettin.
A questa si affianca inoltre un fitto programma di azioni concrete per aiutare le donne che subiscono violenza, nell’ambito del mese antiviolenza.
L’anno scorso abbiamo preso parte alla campagna “Il silenzio parla” per la raccolta fondi destinata ai centri antiviolenza di Toscana, Lazio e Umbria e all’associazione Differenza Donna, che gestisce il numero 1522 antiviolenza e stalking, con un ricavato complessivo di oltre 20 mila euro.
Quest’anno, è il pane a veicolare il messaggio: “Per molte donne la violenza è pane quotidiano. Basta! Se sei vittima di stalking o violenza chiama il 1522”. Il 5% del ricavato delle vendite sarà donato ai Centri Antiviolenza in Toscana, Lazio, Umbria e Abruzzo.
Nel solo 2024 sono state 97 le donne uccise da partner e familiari, 1 ogni 3,7 giorni: anche questo è l’odioso risultato degli stereotipi di genere, una piaga spesso silenziosa e invisibile che merita attenzione e azioni comuni perché discriminazioni, molestie e violenza non si ripetano più. Anche per questo, sosteniamo la proposta di legge di iniziativa popolare “diritto a stare bene” per la creazione di un servizio pubblico di supporto psicologico permanente e gratuito, vicino alle persone e alle scuole.



