Ricorda nel nome il suo caratteristico territorio l’azienda vitivinicola umbra Le Crete, dove i vini derivano da uve locali, vendemmiate a mano.
La Valle del Tevere, sulla punta sudovest dell’Umbria, è una zona sabbiosa, argillosa. Anticamente, in età preistorica, sorgeva qui il lago Tiberino. Alle peculiarità di questi terreni, “cretosi” appunto, deve il suo nome l’azienda vitivinicola Le Crete che sorge nel comune di Giove, piccolo borgo medievale collinare in provincia di Terni. Posta al centro di una vallata, l’azienda è un casolare in aperta campagna, con i vigneti direttamente adiacenti alla cantina. Qui l’arte della produzione del vino è una tradizione di famiglia, trasmessa di padre in figlio.
Frutto della terra
«La mia famiglia, prima con mio nonno Giuseppe e successivamente con mio padre Mario, ha sempre fatto vino, olio e altri prodotti agricoli», racconta Giuliano Castellani, oggi alla guida dell’azienda che porta avanti insieme ai genitori e a alcuni collaboratori. «Con mio padre ci sono stati i primi cambiamenti, con una ristrutturazione dei vigneti e i primi tentativi di etichette – prosegue Castellani –. Nel 1999 poi sono subentrato io: abbiamo acquistato altri terreni e piantato nuove vigne, passando da 1 ettaro e mezzo a 5 ettari, con nuove varietà, ed è a quel punto che è nata l’azienda vera e propria». Oggi Le Crete conta 7 ettari e mezzo di vigneti, con 20 varietà diverse d’uva, tra locali e internazionali, e produce circa 50mila bottiglie di vino l’anno, suddivise su 12 referenze. «La conformazione dei terreni, unita all’esposizione a sud-est e al fatto che i vigneti sono riparati dai venti del nord, rende la nostra zona particolarmente vocata alla coltura della vite e dell’olivo, che qui riescono a esprimere il massimo », spiega Castellani.
Fedeli a sé stessi
Da parte dell’azienda vi è una grande attenzione ai ritmi della natura e alla stagionalità. «Usiamo solo le nostre uve, raccolte poco per volta, le lavoriamo facendo intercorrere poco tempo tra la raccolta e la trasformazione in mosto. Non utilizziamo diserbanti, facciamo la vendemmia manualmente e selezioniamo personalmente i grappoli», chiarisce con fierezza Castellani. I vini possono cambiare leggermente in base alle annate – ed è questo un sintomo di genuinità e qualità –, ma allo stesso tempo restano fedeli alle loro caratteristiche più autentiche. Il forte legame con il territorio si ritrova anche nella scelta di dare ai vini i nomi di località circostanti e di legare ciascuna etichetta a un animale che popola queste terre e che esprime alcune caratteristiche del vino stesso
In etichetta
I nomi degli animali simbolo della zona, dietro, storie e tradizioni.
2 dei rossi prodotti dall’azienda Le Crete si identificano particolarmente con il territorio di provenienza. Il Poggio Jago è un blend di Sangiovese e Merlot, tipici umbri, e ha sull’etichetta l’animale simbolo: la lepre. Particolare è la storia del Petranera, col simbolo del cinghiale in etichetta, il primo rosso studiato dall’azienda, che si caratterizza per l’aggiunta del Barbera, vitigno tipico piemontese introdotto da queste parti dalla famiglia Acquarone, che fu proprietaria del Castello di Giove. Tra i bianchi, una farfalla, simbolo di leggerezza, contraddistingue il Ripabianca (Malvasia, Trebbiano e Sangiovese vinificato in bianco), mentre il falco simboleggia il Cima del Giglio, blend di Malvasia e vitigni internazionali, tra cui Chardonnay e Sauvignon. Infine, il rosato, lo speziato Costa Volpara, sulla cui etichetta campeggia una volpe: in passato si realizzava con tutti i vitigni rossi vinificati in bianco, nell’ultimo anno si è optato per il Garignano, un monovitigno non propriamente autoctono ma proveniente da Sardegna, Toscana e Francia.



